Biljana Bošnjaković è nata in Serbia nel 1970, trasferitasi a Roma nel 1992, vive e lavora a Verona dal 2002. Artista poliedrica, sperimenta molteplici tecniche, passando dalla fotografia, alla performance, alla scultura, alla video arte, di cui cura ogni singolo passaggio creativo e di realizzazione. Segue interamente i progetti dall’ideazione alla sceneggiatura, dalla scenografia alla regia, fino alle riprese e al montaggio. Nel plasmare le sue opere, spesso ponendo al centro il proprio corpo in un processo di utilizzo e consunzione, dà vita a installazioni multimediali e performance che interloquiscono con il pubblico presente. Attualmente focalizza la sua ricerca sull’osservazione dell’influenza degli elementi atmosferici e naturali su opere eseguite e performate in spazi aperti. Biljana lascia che l’ambiente intervenga sulle opere in ogni fase della loro evoluzione: quasi come sentisse il bisogno di fonderle e fondersi con la natura stessa, in una tensione di ritorno e ricerca del sé.

Biljana l’11 ottobre ha presentato a Verona la sua ultima performance e istallazione: APPARENTLY DYING presso il Deposito A di Verona. Una performance mozzafiato come potrete dedurre dalle bellissime immagini che corredano questo post (fotografie di Anna Mainenti e Gabrio Tomelleri) che sto cercando di portare a Roma al più presto.
Ho chiesto a Biljana di raccontarmi cosa è successo l’11 ottobre, ecco il suo racconto: “Diciamo che durante la prima parte della performance, dalle ore 18 fino le ore 20, ero quasi immobile, con gli movimenti a volte appena percettibili, infatti quello era il tableau vivant, mentre alle ore 20 c’era la performance vera e propria, dalla durata di circa 5 minuti, accompagnata da un aria bellissima “Dido’s Lament” di Purcell, cantato da un cantante straordinario, un contraltista tedesco Klaus Nomi, morto 30 anni fa. Infatti, questo era stato anche un omaggio a questo artista quasi completamente sconosciuto in Italia, morto di Aids a New York nel 1983.
Come puoi vedere dalle foto della performance, a un certo punto uscivo dall’abito, mentre si sentiva la voce di Klaus Nomi, e l’abito stesso rimaneva in piedi, come una vera scultura. La parte finale della performance era concepita per far vedere che sotto l’apparente fine, ovvero il sogno eterno, c’era la vita che pulsa, con la clorofilla in circolazione. Ho usato anche i melograni, che non solo mangiavo nella parte finale della performance, ma abbandonando la scena dietro la cornice, uscivo tra il pubblico d’altra parte della cornice, e donavo i chicchi di melograno alle persone attorno a me. Era molto simbolico questo gesto – i chicchi, così rossi e carichi di salute, erano i semi che daranno una nuova vita. Tanti mi hanno chiesto come ho fatto a resistere di stare due ore quasi immobile. Devo dire che dopo la prima ora ho sentito addormentarsi le dita dei piedi, dopodiché con piccoli movimenti circolatori, prima un piede e poi l’altro, per non cadere, le dita si sono risvegliate, e dopo, potevo stare così in piedi anche tutta la notte.
Mi hanno chiesto anche se mi sono esercitata per poterlo fare. No, non mi sono esercitata neanche un po’. Io non sono d’accordo con le pratiche di Marina Abramovic, che insegna che bisogna prepararsi psico-fisicamente  per le performance. Per prima cosa, non sono disciplinata come lei. Poi, credo che la performance debba essere naturale. Alla fine, per questo una performance si distingue da una opera teatrale. Non sapevo se durante la performance sarei crollata a certo punto, sfinita dalla stanchezza, o se mi sarebbe venuto un crampo alla gamba. Non potevo prevedere l’evoluzione. Mi ero rassegnata in anticipo a un possibile crollo, a una caduta, dicendo a me stessa che anche la caduta farà parte della performance, e che, comunque vada, tutto sarebbe andato bene”.
biliana6
Lo stupendo abito nero con lo strascico lungo indossato nella performance è opera anch’esso del talento di Biljana, un abito che non solo è indossabile, ma riesce a stare da solo in piedi, come una vera scultura, ispirato alla costruzione delle chiese gotiche, realizzato usando solo i fili di ferro di 3 spessori differenti e il tulle nero per coprire parzialmente la struttura (lasciandola semi-trasparente), senza uso di colla e cuciture, ma aiutandosi solo con le pinze e tronchese.
Cosa altro aggiungere? Non vedo l’ora di riuscire a portare Biljana a Roma e di presentare la sua fantastica performance. Stay tuned!

 

CREDITS

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APPARENTLY DYING
performance & installazione di Biljana Bošnjaković

11 ottobre 2013

– ore 18.00 tableau vivant, con le musiche:
Prokofiev: “Romeo And Juliet”

Schumann: Piano Concerto In A Minor, Op. 54 – 1. Allegro Affettuoso

– ore 20.00 performance con il “Dido’s Lament” di Henry Purcell, cantato da Klaus Nomi:

presso Deposito A
via XX Settembre 35/b, Verona

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Una cornice imponente, che un tempo conteneva il dipinto all’interno di una chiesa, è appesa in centro alla stanza.
Io sono inquadrata in una scenografia autunnale, in abito lungo, con un strascico lunghissimo, e con tutto ciò coperto di foglie cadute che si protraggono prospetticamente all’infinito (in fondo della scena c’è un specchio antico in cui lo strascico nero si riflette).
È un tableau vivant in cui gli spettatori possono entrare, provando l’esperienza del trovarsi all’interno di un’opera d’arte.

“Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie”
– Giuseppe Ungaretti –

Eppure, l’autunno non significa vita che se ne va. La vita c’è.
È soltanto clorofilla trasferita dalle foglie alle radici.
Nulla è come appare.
Questo è il messaggio della mia performance. Messaggio nato dopo una lunga riflessione che ho fatto negli ultimi mesi, con la convinzione che una fine non ci sarà mai, ma che il ricordo continuerà nel tempo, con la linfa vitale che migrerà nelle altre forme viventi.

Biljana Bosnjakovic
Verona, ottobre 2013

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