Dopo la visita al Cimitero Storico delle Fontanelle di Napoli (raccontato su questo sito in questo post), non potevo lasciarmi sfuggire una visita alle Catacombe di Palermo situate nei sotterranei del Convento dei Cappuccini e dell’attigua Chiesa della Madonna della Pace. Una visita molto suggestiva che mi ha portata a riflettere molto. Le Catacombe conservano oltre ottomila scheletri e corpi mummificati, adagiati in nicchie, casse e urne a cristalli. Deposti tra il 1599 e il 1880, i corpi appartengono a ricchi palermitani; professionisti, donne ed ecclesiastici sono sepolti in corridoi distinti delle catacombe.

Le mummie, in piedi o straiate, vestite di tutto punto, sono divise per sesso e categoria sociale, anche se la maggior parte di esse appartengono ai ceti alti (ndr il processo di imbalsamazione era costoso). Nei vari settori si riconoscono: prelati, commercianti borghesi nei loro vestiti, ufficiali dell’esercito in uniforme di gala, giovani donne vergini (morte prima di essersi sposate), gruppi familiari, bambini… Qui sotto il corridoio dei professionisti (fotografia di Giulio Pascali):

 

zombie professionisti

 

Molte salme appartengono comunque a frati dell’ordine dei Cappuccini stessi: il primo ad essere stato inumato all’interno delle catacombe fu infatti frate Silvestro da Gubbio il 16 ottobre del 1599. La sua salma, prima sulla sinistra subito dopo l’ingresso, è quella che potete vedere qui sotto:

 

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Tra le salme delle Catacombe dei Cappuccini è particolarmente nota quella della piccola Rosalia Lombardo, ritenuta a ragione la più bella mummia del mondo. Nata a Palermo nel 1918 e qui morta il 6 dicembre 1920, di polmonite, la bambina sembra che stia dormendo.

 

Bimba mummia

L’imbalsamazione, fortemente voluta dal padre affranto, fu curata dal professor Alfredo Salafia, lo stesso che imbalsamò Francesco Crispi. Nel 2009, grazie agli studi compiuti sugli appunti di Salafia dal paleopatologo Dario Piombino-Mascali, si è scoperta la tecnica utilizzata per l’imalsamazione “miracolosa”: un’iniezione di una miscela di formalina, glicerina, sali di zinco, alcool e acido salicilico, cui si poteva aggiungere un trattamento del volto con paraffina disciolta in etere, per mantenere un aspetto del volto vivo e rotondeggiante. La scoperta, cui il National Geographic in un reportage dedicato assegna un importante valore storico-medico, è uno dei primi esempi di uso della formaldeide per l’imbalsamazione umana. Al contributo rivoluzionario di Salafia, Dario Piombino Mascali ha dedicato il libro Il maestro del sonno eterno.