A volte ci si convince che ci sono cose prestabilite e basta. Prendiamo i colori ad esempio. Alcuni sono dati per scontato. Se aspetti un bambino e non ne conosci il sesso si opta per verde e giallo. Il rosa è da femmine e l’azzurro da maschi. Nel mio lavoro allo IED ho conosciuto la bravissima insegnante di colore, Valenzia LaFratta, che mi ha sorpesa e incuriosita raccontandomi molte curiosità sui colori, accendendendo così la mia caparbia curiosità e portandomi a fare delle ricerche. Si, perchè io mi sono sempre interrogata (a mò di “pippone” lo ammetto) sulle origini delle cose, delle parole, dei significati attribuiti, sul perchè una cosa si chiama in un modo e indica una cosa e non altro. Così ho scoperto che tutta la storia di genere tra azzurro e rosa è un attribuzione automatica, uno stereotipo (tra i più banali) che ha una storia e un suo percorso evolutivo. L’associazione rosa = femmina è abbastanza recente, prima questo colore era considerato “asessuato”: nel XVIII secolo era normale che un umo potesse indossare un abito in seta rosa con ricami dalle fantasie floreali. I bambini indossavano fino ai 6 anni vestiti lunghi bianchi e l’unica differenza a volte era data dalla disposizione dei bottoni. L’arrivo di azzurro e rosa nei vestiti per infanti è databile nel XIV secolo ma ancora non con una netta differenziazione.

Su un articolo apparso su La Repubblica il 18/11/13 ho scoperto che “[…] Nel 1918, Earnshaw’s Infants’ Department, rivista specializzata in vestiti per bambini, specificava anzi che «la regola comunemente accettata è che il rosa sia per i bambini, il blu per le bambine. Questo perché il rosa è un colore più forte e deciso, più adatto ad un maschio, mentre il blu, che è più delicato e grazioso, è più adatto alle femmine». Il rosa veniva visto più vicino al rosso (colore forte e virile legato agli eroi e ai combattimenti) mentre il blu veniva associato al colore del velo con cui veniva rappresentata la Vergine Maria. Nel 1927 la rivista Time pubblicò un grafico che confermava questa tendenza e mostrava i colori più appropriati per maschi e femmine secondo i principali produttori e venditori di vestiti negli Stati Uniti. […]”

In realtà il cambiamento avvenne negli anni Cinquanta: il rosa venne attribuito al femminile nel vestiario, nei beni di consumi e fu consacrato dall’arrivo della Barbie nel 1959, icona massima della femminilità. Il Professore  Jo B. Paoletti dell’Università del Maryland (autore di “Pink and Blue: Telling the Boys from the Girls in America”) ha dichiarato che: «Poteva andare diversamente, fu una scelta del tutto arbitraria».

Una scelta arbitraria.

Poi vennero gli anni Sessanta con le contestazioni che arrivarono anche a colpire il colore rosa visto dalle femmiste come simbolo della tradizione imposta alle donne. Da quell’epoca le donne inizieranno a vestirsi con stile più neutro.

Ma con gli anni Ottanta arrivò la definitiva affermazione dello stereotipo di genere anche grazie alla diffusione della diagnosi prenatale che permetteva di scoprire il sesso del bambino prima della nascita. Fu una scoperta fondamentale, ma non per i genitori….per il marketing! Così da allora il rosa è stato legato in maniera indissolubile alle bambine e l’azzurro ai bambini.

L’avreste mai detto? Io no.

Divina Senatore  ha scritto un libro intitolato “Io odio il rosa!” che racconta la storia di giovani donne amiche che vivono insieme in una grande città. Ognuna con i propri percorsi e le proprie scelte, vivono ogni giorno la complessità della vita quotidiana femminile e le problematiche tipiche del loro sesso. Nel testo emergono con forza la futilità della bellezza, il dover per forza apparire in una certa maniera, gli obblighi della moda, fino ad arrivare alla tradizione obbligata del matrimonio a tutti i costi, il cognome e il fiocco rosa alla nascita. Quello della Senatore è un invito a liberarsi dagli stereotipi ormai fissi che intrappolano la donna (anche attraverso l’uso di un colore) ad un ruolo sociale o, più banalmente, ad una vita incanalata in molteplici stereotipi soffocanti.

Detto questo non ho mai amato il rosa….non per contestazione ma perchè non mi si addice. E invito tutti a scegliere per sé e per i propri figli vestiti e giochi perchè vi piacciono o perchè piacciono a loro e non perchè si “è abituati così”. I colori sono magnifici e ci rappresentano o ci riassumono. Ogni periodo della nostra vita potrebbe essere descritto da un colore. Ho una netta memoria del mio momento “nero”, “viola” e poi “rosso” il 2013 per me è stato “verde” e al momento continua così…e voi?