Oggi ho passato un pomeriggio interessantissimo insieme a Giroinfoto, accompagnati dalla bravissima guida volontaria di Collegno Silvia Borgia, alla scoperta del Villaggio operaio Leumann. Il complesso – che sorge nella periferia ovest di Torino, a Collegno (a 3 km da Grugliasco, a 3 km da Collegno) – è stato realizzato tra fine ‘800 e inizio ‘900, costituito da due comprensori di casette ai lati di uno stabilimento tessile su una superficie di circa 60.000 metri quadrati.

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Siamo partiti dalla Stazionetta del trenino a vapore (1903) realizzata con lo stesso stile dell’ingresso proprio per ricordare a tutti che dovevano scendere qua per andare dentro a lavorare nell’opificio Leumann.

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Nel 1875, dopo l’Unità d’Italia, a causa dello spostamento della capitale prima a Firenze  e poi a Torino, la città si trovava in stato di crisi economica e il governo incentivava gli industriali all’apertura di nuovi stabilimenti. Uno di questi era un tessitore d’origine svizzera, Napoleone Leumann, che aveva già avviato una fiorente industria tessile a Voghera e cercava un luogo dove espandere la sua attività. Decise quindi di fondare qui un nuovo stabilimento per produrre cotone, lino e flanelle, dimostrando da subito un vivo interesse per le condizioni di vita dei suoi operai. Il primo nucleo fu costituito da un capannone di due campate dove trasferì 70 telai, spostando maestranze da Voghera. Successivamente oltre ad ampliare il capannone cominciò a immaginare anche di realizzare delle abitazioni per l’alloggio dei suoi operai; il primo villaggio fu costruito sul lato verso Torino, il secondo verso Rivoli, in un periodo che va dal 1875 al 1914.

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Una delle prime strutture al servizio dei lavoratori fu l’ambulatorio. Considerata la pericolosità del  lavoro di tessitura, Leumann considerò sin da subito l’importanza di disporre di un presidio di primo soccorso. Oltre ala fabbricato dedicato mise a disposizione un’auto-mezzo sempre pronto per poter portare gli eventuali feriti e gli operai più bisognosi di cure; all’ospedale Maria Vittoria aveva addirittura riservato due letti disposizione per le emergenze della sua fabbrica.

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Non solo, convinto di quanto fosse importante costruire un clima di benessere e qualità della vita come incentivo alla qualità del lavoro,  Leumann realizzò un nido aziendale, un fabbricato per l’intrattenimento sportivo, le attività teatrali, una palestra (dove si fondarono associazioni sportive dedicate al calcio, alla scherma e al ciclismo), aree per fisarmonica e cinematografo, oltre che dei bagni pubblici extra (6 per uomini e 6 per donne più delle zone bagni per famiglie), un albergo interno per ospitare tecnici e eventuali acquirenti di tessuti, un convitto per le giovani lavoratrici e sopratutto le famose case per i dipendenti. Dopo il 1900 l’area intrattenimento si trasformò anch’essa a due piani e in abitazioni.

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Non vi è gerarchia in queste case, sono tutti villini, solo nella casa rosa viveva il direttore dello stabilimento. Le case sono caratterizzate da un Liberty soft perché  si tratta comunque di un villaggio operaio. Ognuna è però dotata di servizio personale e vi sono anche dei lavatoi comuni dotati di acqua calda per lavare i panni e, dal momento di arrivo dell’elettricità, Leumann la fornirà gratuitamente ai suoi dipendenti, così come la legna da ardere per il riscaldamento e i gerani per i balconi.

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A differenza di Crespi d’Adda (Crespi è il nome della famiglia di industriali cotonieri lombardi che a fine Ottocento realizzò un moderno “Villaggio ideale del lavoro” accanto al proprio opificio tessile), dove il Villaggio Crespi d’Adda era una vera e propria cittadina completa costruita dal nulla dal padrone della fabbrica per i suoi dipendenti e le loro famiglie. Un mondo dove il padrone “regnava” dal suo castello e provvedeva come un padre a tutti i bisogni dei dipendenti: qui vi era la villa padronale dei signori Crespi (simile a un imponente castello medioevale) da dove il signore governava dal suo castello il suo moderno “feudo industriale”: la sua fabbrica, il suo villaggio e i suoi abitanti-operai.

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Poi vi erano le file di case operaie disposte ordinatamente, con i loro orti e giardini, semplici ma gradevoli. A queste si aggiungono le ville volute dai Crespi nella seconda metà degli anni Venti, in stile eclettico. Estrose, eleganti, incantevoli, erano assegnate principalmente a direttori, capireparto e impiegati. Poi la chiesa, la scuola, il dopolavoro, il lavatoio, il cimitero.

Ecco a Crespi d’Adda c’è la gerarchia. Nel Villaggio Leumann no.

Vi sono due blocchi di case. Le prime costruite tra il 1891 e il 1900 le altre tra il 1900 e il 1914, sono blocchi di 4/5 appartamenti gli alloggi con sopra terrazzi grandi e sotto orto e giardino tutti con lavatoi privati Tutte uguali tutti diverse. Appartamenti minuti. Oggi non c’è nulla di abbandonato (perché è tutto affittato) ma è solo tutto veramente trascurato.

Dove c’erano i bagni un tempo oggi c’è un centro anziani.

Leumann si caratterizzò anche per molte proposte sociali precursori del tempo: una cassa pensione accantonando lui una parte e l’altra il lavoratore (prima della nascita dell’INPS!), una cassa mutua per la malattia per garantire almeno in parte lo stipendio, una cassa puerpere alle mamme in attesa che comprendeva un incentivo in uscita, in entrata e un corredino.

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La cura verso il dipendente garantiva a Leumann un bassissimo 7% di scarto nelle lavorazioni mentre nelle altre tessiture si parlava di uno scarto tra il 20% e il 25%.

Nel 1903 viene costruita la scuola elementare, utilizzando uno stile più imponente a rappresentare l’importanza che Leumann attribuiva all’educazione. La frequentarono i figli dei dipendenti e anche quelli degli stabilimenti vicini per un totale di circa 200 allievi.

Nonostante fosse protestante, Leumann su richiesta dei suoi dipendenti fece edificare a sue spese anche una chiesa di rito cattolico.

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Come non parlare dell’opificio, realizzato con strutture modulari in ghisa che tengono su le campate di capannone, ancora oggi visibili (nonostante la pittura bianca abbia coperta il grigio originale). Una fabbrica moderna che prevedeva l’installazione delle turbine (inizialmente a vapore e poi elettriche) nel sotterraneo, direttamente collegate con i telai al piano superiore attraverso delle feritoie nel pavimento.

In seguito alla crisi che investe il settore tessile negli anni ’70 il cotonificio Leumann, nel 1972 cessava la produzione: 600 lavoratori perdevano il lavoro e con esso rischiarono di perdere anche la casa.

A seguito delle forti proteste la vendita delle abitazioni fu fermata grazie all’intervento del Comune di Collegno che acquistò tutte le case riaffittandole agli ex dipendenti. Alcune case oggi sono di proprietà, le altre continuano ad essere in affittato. Un’operazione che sottolinea l’importanza della salvaguardia del patrimonio edilizio in relazione al suo valore storico, architettonico, urbanistico ma anche culturale.

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Personalmente non conoscevo la storia di Crespi d’Adda, per la quale mi sono dovuta documentare appena tornata a casa, ma conosco la storia di Olivetti e oggi durante la visita al Villaggio Leumann, non ho ho potuto non pensare a lui e alla centralità che dava al lavoratore.

In un momento di grande trasformazione del mercato del lavoro si sente una fortissima carenza di figure dirigenziali che siano in grado di riportare al centro il loro vero e unico potenziale produttivo: il dipendente. Con questo non intendo dire che non debbano esistere scale gerarchiche, ma ritengo che sia venuta nuovamente a mancare la valorizzazione della persona, cioè colei che indossando i panni del dipendente porta avanti la produzione, il nome dell’azienda ed è l’elemento portante del successo dell’azienda stessa.

Figure come quelle di Leumann sono fonte di ispirazione e dovrebbero fare aprire gli occhi a un gran numero di persone sedute in posti molti più in alto del mio.

ChiaraGP consiglia una visita a questo bellissimo villaggio operaio, possibilmente accompagnati da una guida.