Giovedì sera sono andata a vedere con Giulio un film strepitoso: “Jojo Rabbit” (qui il trailer), regia di Taika Waititi.

La trama di questa pellicola, in bilico tra la commedia e il dramma, può essere riassunta così: Jojo Betzler (interpretato magistralmente da Roman Griffin Davis) fa parte della gioventù hitleriana ed è un fervente fan di Hitler (interpretato dallo stesso Taika Waititi) tanto che lo immagina come figura presente nella sua vita di tutti i giorni. Il padre del bambino non c’è (è al fronte?) e lui vive con la mamma (un’intensissima e – diciamolo – bellissima Scarlett Johansson).

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Il bimbo viene soprannominato “Rabbit” (coniglio) perché durante un addestramento al campo dei giovani nazisti, gestito dal capitano Klenzendorf (interpretato da Sam Rockwell), si rifiuta di uccidere un coniglio. E’ un emarginato. Ha solo due amici: Yorki e l’immaginario Adolf. Jojo odia gli ebrei fino a quando scopre che la mamma ne nasconde una (una ragazza) in soffitta. Da qui sarà costretto a fronteggiare i suoi credo, i suoi dogmi e dovrà aprire gli occhi sulla terribile realtà.

Waititi ha tratto parte del suo film dal libro “Come semi d’autunno” (“Caging Skies” di Christine Leunens del 2004) che raccontava l’incontro tra un ragazzino delle gioventù hitleriana con una ragazza ebrea nascosta dalla madre in soffitta. Tutta la parte della figura dell’Hitler immaginario è invece opera del regista.

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Il film, vi dicevo, è strepitoso: ironico, commovente, irriverente. Ho riso, ho pianto, mi sono immedesimata, mi sono infuriata.

Waititi è riuscito con grazia e maestria a tracciare sentimenti contrastanti, portando all’esaltazione il “si fa quel che si può”, smascherando dogmi e protocolli (la scena in cui la Gestapo va a casa di Jojo e i funzionari iniziano a salutarsi dicendosi a vicenda “Heil Hitler” per un numero esagerato di volte è esilarante). Ma il film è anche una descrizione del difficile passaggio tra infanzia e adolescenza, una descrizione del labile confine tra orrore e normalità, della ricerca di bellezza e libertà tra costrizione e macerie, della scoperta dei legami al di là di stereotipi e ruoli.

Un capolavoro dissacrante, ironico e mai di cattivo gusto che riporta sul grande schermo gli orrori della Seconda Guerra Mondiale.

La colonna sonora è fantastica (tra gli altri contiene i Beatles con “Komm, gib mir deine Hand” – versione tedesca incisa nel 1964 di “I want to hold your hand” – che fa da intro al film, e poi David Bowie con “Helden” – versione tedesca di Heroes).

Il film, che ha aperto il 37esimo Torino Film Festival, ora corre per ben 6 Oscar: miglior film, migliore attrice non protagonista, migliore sceneggiatura non originale, migliori costumi, migliore scenografia, miglior montaggio.

Da vedere assolutamente!