Il nuovo direttore artistico del Maxxi Hou Hanru firma la curatela della sua prima mostra con un monito, più che un titolo: Non basta ricordare. Una frase che mi trova pienamente concorde e che lascia davvero ben sperare e pensare su approccio e politica culturale messi in atto. Ho avuto il piacere di visitare la mostra in compagnia della preparatissima Stefania Vannini, Responsabile Dipartimento Educazione del Maxxi, per prepararmi in occasione di una mia collaborazione nel Public Programm del Museo che Stefania sta realizzando con la sua consueta passione ed energia. Quindi rimanete sintonizzati per scoprire il programma che verrà rivelato a breve e che prevederà anche una mia doppia partecipazione (partecipazione che, non lo nascondo, mi onora).

Concentriamoci ora su questa mostra davvero stupenda che dona una nuova vita alla ricchissima collezione del Maxxi che davvero in pochi conoscono, una collezione che vede la presenza di grandissimi nomi, di opere importantissime ma anche di splendide opere minori che meritano davvero l’esposizione. La mostra, visitabile dal 20 dicembre 2013 al 28 settembre 2014 nelle Gallerie 2 e 3, spazia infatti dall’arte all’architettura facendole dialogare, mettendole a volte in conflitto o comunque in colloquio attraverso la varietà delle opere esposte che affrontano una moltitudine di temi veramente degni del nome importante di questo museo. Non tutti si ricordano sempre che Maxxi sta per Museo delle arti del XXI secolo, e quindi trovo davvero calzanti le tematiche dalla solitudine dell’indivisuo, ad una riflessione stessa sul senso del concetto e dello spazio del museo, dall’inquinamento al concetto dei confini, dalle carceri al problema dei senza tetto (solo per citarne alcuni). E’ l’uomo del XXI secolo con tutte le sue contraddizioni, paure, sentimenti, fragilità, perplessità, il suo impegno ma anche il suo menefreghismo che viene messo in mostra. Una lunga poetica, dura, schietta riflessione artistica che avvince e riempie la testa di pensieri perchè non basta ricordare, appunto e ben ce lo ricordano con le più di 200 opere di oltre 70 artisti e architetti esposte.

Tra le opere esposte sicuramente un particolare rilevo nella mia mente e nelle mie riflessioni lo hanno conquistato Alfredo Jaar con “Infinite Cell” ispirato a Gramsci, Francis Alӱs con “Sleepers”, Michelangelo Pistoletto con la “Tenda di Lampadine”, Kara Walker e le sue ombre che raccontano – in “The Emancipation Approximation” (titolo è un’amara parafrasi dell’Emancipation Proclamation, con cui Lincoln aboliva la schiavitù dei neri) – con circa 110 metri linear una narrazione continua, Vedovamazzei con “Climbing” (un grande lampadario-rifugio), e “Where is our place?” di Ilya ed Emilia Kabakov.

Qui una scheda dettagliata sulla mostra a cura del Maxxi.