Il 27 agosto proprio da questo blog avevo scritto (in questo post), con entusiasmo, del lancio a Istanbul di “Numbers&Signs”, prima declinazione del format editoriale nato dal progetto TheSignEverywhere di Luigi Vernieri. Come previsto la presentazione è stata un successo e, al suo rientro, ho avuto modo di intervistare Luigi per scoprire qualcosa in più e qui sotto potete leggere cosa mi ha raccontato. Enjoy! Ma soprattutto andate subito a scaricare l’app gratuita a questo link! Sarà un viaggio nel viaggio.

Luigi ci puoi raccontare di come è nata la partecipazione di TheSignEverywhere alla 5° International Art Dialogues?

Un anno fa ho pensato ad un progetto dedicato ad una città magica come Istanbul. Ci sono stato una settimana scattando 1500 fotografie. Tornato a Roma ho definito il progetto che avevo in mente da tempo: unire grafica e fotografia. Dopo quasi un anno di lavoro ho chiuso il concept con un’app che ho mostrato all’Istituto di Cultura Yunus Emre qui a Roma. E’ stato un incontro molto proficuo, dopo aver visionato il lavoro mi è stato proposto di partecipare alle selezioni internazionali del Festival. Un mese dopo ho ricevuto la lettera di risposta del Kulturlerarasi Sanat Diyaloglari che mi comunicava la selezione al festival come unico rappresentante italiano.

 

Su questo blog ho lanciato la presentazione la scorsa settimana, ci puoi raccontare com’è andata?

Innanzitutto ti ringrazio per la tua solita tempestività! E’ andata molto bene. La magia della città, lo spirito internazionale del festival, gli organizzatori, e non ultimi i nuovi amici Istanbulini hanno reso l’esperienza memorabile. Musica, danza e arti figurative si sono succedute sul palco di Beyoglu che domina una parte della città dal tramonto a notte fonda.

 

Tue impressioni sul fermento culturale turco?

La mia impressione sul fermento culturale turco è molto positiva. Il mix religioso, culturale, razziale, genera una spontanea rivendicazione delle proprie origini e al contempo una convivenza che sembra miracolosa. Tutti in movimento, tutti concentrati sui propri percorsi, desiderosi di andare avanti, ma anche attratti dalla parte buona delle proprie abitudini. Certo la questione religiosa e di costume è complessa e non può essere risolta in due righe, ma, ti ripeto, l’energia che si respira è molto effervescente e contagiosa. Visto il clima dalle nostre parti al riguardo dove traspare sfiducia e immobilità la sensazione che qualcosa succeda di continuo è un toccasana.

 

Ci racconti brevemente com’è nato TheSignEverywhere?

Dopo 7-8 anni di Fefè project e di progetti dedicati soprattutto all’arte contemporanea ho sentito forte il bisogno di proiettarmi verso l’area del viaggio, la scoperta dei luoghi e dei suoi abitanti. Spesso il pensiero che la vita a disposizione che abbiamo meriterebbe di essere dedicata alla conoscenza del pianeta mi ha accompagnato nella vita, e ora ho deciso di concentrami su attività che leghino queste indagini sul territorio con la grafica e l’arte. La mia ricerca visiva dedicata ai “segni” che l’uomo ha lasciato e continua a lasciare per trasferire la sua cultura, le sue abitudini, i suoi desideri, si è concretizzata con questo nuovo progetto che nel nome esplicita il suo raggio d’interesse. Si scrive “TheSign” ma si puo leggere “Design” e questo riguarda la parte visiva-artistica, la seconda parte del marchio “Everywhere” invece, si riferisce evidentemente al raggio d’azione, che è tutto il nostro pianeta.

 

Chi lavora a questo progetto che hai ideato?

Come gia successo con il Fefè Project (Free Entry Free Exit) apro le produzioni a tutti i collaboratori che mi gravitano attorno e che vogliono intervenire con le loro potenzialità. Oltre a grafici (Ilaria Alquati e Daniela Pisani) hanno collaborato a questo progetto un motiondesigner (Marco Michiorri) , un sound designer (Filippo Manni) e una giornalista (Daniela Ubaldi). L’app è stata programmata da Alessandro Risuleo (Visual Creative Studio).

 

E questo primo numero di Numbers and Signs?

Si è il primo. Ma ci sono già almeno un paio di progetti con nuove destinazioni pronti a partire.

 

Questa passione per la Visual Culture sembra veramente un fil rouge che attraversa la tua vita, le tue scelte artistiche ed estetiche. Ci puoi dire qualcosa a riguardo?

Sono sempre stato attratto dalle immagini. Sin da piccolo. Da qui il graphic design, lo Ied come studi prima, come direzione poi. La didattica che ho proposto è sempre stata rivolta all’analisi del potere delle immagini, e di quanto queste possono evocare. Poi i progetti editoriali e i festival che ho inventato e diretto sono andati naturalmente sempre verso questo tipo di analisi che si trattasse di editoria, motion graphic, pubblicità, televisione. Sono le immagini l’unico strumento che ha l’uomo per comunicare abbattendo differenze di lingua. La loro magia sta nel fatto che rimandano alle proprie culture ma sono interpretabili anche dalle altre.

E più delle parole lasciano spazio ad una interpretazione soggettiva…The Sign Is Everywhere!