Finalmente. Dico finalmente il secondo capitolo dedicato alle imprese del Che è uscito al cinema. Capisco che queste divisioni in film separati siano congeniali sia allo spettatore (che non sempre dispone o vuole disporre di ben 6 ore per un film) che per il mercato.
Ma per me è sempre un trauma. Lo è stato anche per “La meglio gioventù” figuriamoci per il Che. Detto questo, “Che – guerriglia” conferma le mie aspettative. I 340 giorni di marcia, fatica e, per l’appunto, di guerriglia in Bolivia sono ripresi da una macchina da presa a tratti invadente, a mano, che segue tremando con accenni oscillanti tra Nouvelle Vague e documentario, tra Jean-Paul Belmondo e le antilopi.
I 340 giorni sono effettivamente resi come trecentoquarantagiorni. La fatica, la tenacia, l’idealismo sincero che convince ed intimidisce allo stesso tempo, il rispetto e l’amore/odio che una figura carismatica come quella del Che può racchiudere in sé con forza e delicatezza.
Benicio delToro rappresenta bene quella divisione in due parti mutualmente esclusive, quella dicotomia, che sfiora la contraddizione di chi porta con sé il peso e la leggerezza di una lotta collettiva di liberazione. Garbo e piombo, sorriso e sangue, fango e gioia. Liberazione per chi è talmente in gabbia da non comprendere le sbarre che lo tengono prigioniero.
Sono certa che in molti usciranno delusi dalla sala. In molti si aspetteranno un continuo spargimento di sangue e di azione. Ma la pellicola presenta esattamente ciò che propone nel titolo. La guerriglia in Bolivia è stata anche una stremante marcia in una natura selvaggia, un incontro tra civiltà, una dura preparazione e Sodenbergh ci accompagna attraverso tutto questo tragitto. Senza sconti. Da vedere assolutamente.

Chiara Giorgetti Prato
Roma 7/5/09
www.fourzine.it