Sono giorni che rimugino dopo aver assistito agli strepitosi 100 minuti di monologo messi in scena al Teatro Palladium da Ascanio Celestini nello pettacolo Pro Patria. Senza prigioni, senza processi.

Già dal titolo Ascanio non nasconde dove vuole andare: Senza prigioni, senza processi
è ” […] una citazione mazziniana: nella Repubblica romana, anche se per poco, ci fu un governo democratico, si votò per la scuola pubblica e laica, per la libertà di culto e contro la religione di Stato, si sancì che il lavoro è un diritto e nacque la Costituzione che cento anni dopo diventerà quella della Repubblica italiana. Poi tornò il Papa e ripristinò censura e ghigliottina, stracciò la Costituzione e processò tremila cittadini[…]“

Ascanio, da solo in uno spazio di due metri per due,  è un detenuto che sta preparando un discorso importante nel quale cerca di rimettere insieme i pezzi della propria storia, ma anche di una formazione politica avvenuta in cella attraverso i tre libri che l’istituzione carceraria gli permette di consultare perchè non ne comprende il valore rivoluzionario.

Il monologo che celebra il 150° dell’Unità d’Italia racconta la storia di un detenuto che diventa terrorista perché in carcere gli fanno leggere solo libri sul Risorgimento. Questo perchè  come dichiara Ascanio stesso “[…]  la letteratura del Risorgimento è quella di una classe dirigente di eversori. Che dopo l’Unità d’Italia sono diventati statisti, ma che quello erano, in una indissolubile fusione di romanticismo e patriottismo.” Quante tristi similitudini…

Il detenuto per preparare il suo discorso chiede aiuto ad un Mazzini silenzioso, che aleggia nell’aria così come nelle strade e nelle piazze di tutta Italia.

Proprio quel Mazzini che nei primi anni delle lotte risorgimentali  ha affrontato la detenzione e l’esilio. “[..] Per molto tempo è stato ben altro che un eroe della patria, ma un nemico, un terrorista, un personaggio da eliminare, ma anche anche un esule, un vagabondo, uno sconfitto. La memoria ci consegna spesso l’idea che i grandi protagonisti della storia siano stati eroi e vincenti, e tuttavia non è così. Quegli anni sono stati di lotta armata e galera […]”

E nel suo discorso il detenuto denuncia la situazione delle carceri in Italia e arriva al riconoscimento di tre Risorgimenti. Già non uno ma ben 3: il primo – quello famoso e diciamo legittimato dell’Unità, quello della Resistenza e quello nostro quello che dovremmo combattere.

Dopo la fabbrica, i manicomi, i call center Ascanio arriva alle prigioni e rilancia: “Luigi Cardullo, ex direttore del super carcere dell’Asinara, sosteneva che la prigione è il cuore dello Stato. E ne è anche lo specchio. Nelle carceri risorgimentali, così come negli anni Settanta, c’era, in qualche misura, una grande vitalità: circolavano idee, e queste idee mettevano in contatto strati sociali diversi. Oggi le nostre carceri ci parlano di immigrati, tossicodipendenti, problemi sanitari. Io le prigioni vorrei vederle vuote, tanto non sono certo luoghi di risocializzazione e rieducazione. Neppure a Berlusconi, augurerei la galera. Vorrei che non ci fosse e basta”.

E ancora

“[…] Signor giudice lo stato mi tende una mano e in quella mano c’è la libertà, ma nell’altra mano che c’è? Lo stato mi dice la vuoi la carota? mi dice è buona la corota, mangia la carota, ma in realtà mi sta dicendo: lo vuoi il bastone? Se non vuoi il bastone prendi la carota. Signor giudice io lo so, con la carota si esce, con la carota nemmeno si entra, ma se lo stato è bastonatore io voglio il bastone. E perciò signor Giudice, io mi pento se si pente anche Lei, facciamo così: ci pentiamo insieme. lei si pente di credere ciecamente  in questa istituzione del tribunale, della galera, del mandare la gente in galera. Lei si pente signor Giudice? Se si pente Lei mi pento anche io, io depongo le armi, se Lei depone la legge […]”

Se non siete andati a vedere questo monologo, non perdete altro tempo e cercate di recuperare. Il senso civile del teatro riacquista valore grazie alla forza, alla lucida analisi storico-politica, all’incredibile dispiegarsi di inquietanti fil rouge che Ascanio Celestini mette in scena. Grazie Ascanio, grazie di cuore.