il gioco delle rondiniIl primo pensiero, naturale e spontaneo, che viene in mente sfogliando in libreria questo fumetto autobiografico è quello di una forte somiglianza di stile con Marjiane Satrapi.
Innegabile. Lo stile è molto simile. Il bianco e nero, il tratto e forse anche quel senso di lontanananza e voglia di conoscenza di mondi misteriosi e severi, voglia di riscatto e di racconto di donne con un vissuto imponente.
Eppure l’autrice, nata nel 1981 a Beirut, in Libano, con questa delicata graphic novel pubblicata in Italia da Alet nella collana Becco Giallo (17,50 euro) sceglie un modus narrativo molto diverso dalla collega. La Abirached ci racconta una notte vissuta a Beirut nel 1984 quando lei e il fratello minore sono rimasti a casa mentre i genitori sono andati a trovare i nonni.
Un’azione semplice che, in una città dilaniata dalle bombe e dalla guerra corrisponde a un ipotetico viaggio senza ritorno. I bambini soli nell’appartamento vengono raggiunti dai vicini e il tempo è scandito da pagine e pagine di incessante tic tac e volti contratti. Ore che diventano eterne.
Una notte e una stanza. Lo sguardo di una bambina. La sottrazione temporale e spaziale comprimono in un luogo minuscolo, in un momento specifico il dramma di un popolo visto da chi, una bambina, non ha modo di vederlo come dramma. Perchè la guerra ha accompagnato la sua vita e quindi non può essere vista come novità. La stessa autrice dichiara: “Per me la guerra ha rappresentato la normalità. Io ci sono nata dentro alla guerra. La sua fine, paradossalmente, ha significato per me la fine dell’innocenza”.
Il sottotitolo del libro ” morire partire tornare” è stato tratto dall’autrice da un cassetto della memoria: un graffito su un muro di Beirut che pare rissumere la storia di un popolo, quello libanese, destinato alla migrazione involontaria, agli spostamenti dettati dalla fuga dalle bombe.
Un libro intenso, ricco di sfumature e di dettagli, un libro visivo ma profondamente cinematografico e musicale che lascia a noi lettori la chiave di interpretazione per cogliere tra le complesse coreografie messe in atto per attraversare un isolato evitando i cecchini, l’incredibile potere dell’innocenza e della fantasia e del peso che una generazione vissuta sotto le bombe si porta appresso per una vita intera.
Da non perdere.

Roma 19/06/2009
Di Chiara Giorgetti Prato
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